Marino, la camicia nera presidente di Lampo San Vito e Virtus Lanciano
Oltre a giocare l’una contro l’altra la prima partita di football, le società sportive di Lanciano e San Vito negli anni ’20 sono state accomunate anche dall’aver avuto a capo lo stesso presidente: Marino Marino, nel 1920 fondatore della Società Sportiva Lampo e, tra il 1927 e il 1929, presidente della Virtus per “cause politiche”.
Quando nasce la Lampo Marino ne è il presidente. Come tale viene infatti citato nella corrispondenza per l’inaugurazione dello iòle (o “la jòla”, come scrive il giornale) del club, un’imbarcazione a remi per gare di canottaggio. Quando si gioca la partita di calcio tra Virtus e Lampo a Villa delle Rose, il 18 luglio del 1920, presenzia ovviamente anche «il Dott. Marino, che cura sempre la sua barbetta», rileva il periodico satirico lancianese L’Ardiche, «tenendo presente quella del suo illustre conterraneo D’Annunzio».
Marino è un personaggio di primo piano del fascismo nella zona frentana. Oltre a essere podestà del paese, è anche il console della 137esima Legione Monte Majella della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn) di Lanciano, che sede nella caserma di Santa Chiara, ed è stato insignito della Croce di cavaliere della corona d’Italia. Il suo passaggio a capo della Virtus matura tra il 1926 e il 1927: il fascismo si rende conto che il calcio sta diventando il primo sport nazionale e, in quanto tale, è un mezzo di propaganda e di controllo da non sottovalutare.
In questo periodo i vertici del Pnf fondano o acquisiscono il controllo diretto di molte società sportive, oppure ne nominano i vertici. A Lanciano il compito di gestire, ma anche di far progredire, il pallone, viene affidato alla Milizia. La Virtus, che tra l’altro pure aveva sede a Santa Chiara, nella stagione 1927-28 prende così ufficialmente il nome di «137esima Legione Monte Majella – Gruppo Sportivo Virtus», anche se sui giornali continuerà a essere semplicemente «Virtus».
E Marino, in quanto console delle camicie nere, assume appunto anche la carica di presidente del sodalizio negli anni in cui i rossoneri si affermano in ambito regionale e interregionale. L’incarico sportivo del fascista sanvitese a Lanciano cessa nel 1929, quando il club viene formalmente slegato dalla Milizia e diventa più semplicemente «Società Sportiva Virtus». Tuttavia tra i dirigenti restano diverse camicie nere, come il barone Rino Cocco che è il nuovo presidente, o il capomanipolo Ernesto Di Camillo, ex calciatore virtussino che viene nominato amministratore dall’assemblea dei soci.
Sport a parte, Marino resterà in camicia nera fino all’ultimo, e a guerra finita sarà chiamato a rispondere dell’uccisione di cinque detenuti politici nel periodo in cui tiene il comando di Firenze in qualità di luogotenente generale della Milizia. Nell’agosto del 1947 la Corte d’appello del capoluogo toscano lo proscioglie dall’imputazione dell’omicidio dei detenuti politici, e resta solo l’accusa di collaborazionismo dalla quale viene liberato grazie all’amnistia Togliatti del 1946.
Sulla cronaca locale c’è chi saluta con soddisfazione questa notizia dell’assoluzione di Marino «della vicina San Vito, legato alla nostra città da vecchi vincoli di amicizia», come scrive una corrispondenza da Lanciano del Messaggero, «siamo lieti che sia stato restituito alla famiglia ed alla società un uomo di cui sono ben note la rettitudine e la bontà».